28/10/2016
Redditometro: l’eredità come prova contraria
Nell'ordinanza 19257 del 28 settembre 2016 la Cassazione evidenzia che al contribuente che si difende dall'accertamento sintetico basato sul redditometro non giova dedurre di aver ricevuto soldi in eredità, se poi emerge il loro impiego per donazioni a familiari e accrediti su conti correnti di altri, impiego che esclude inequivocabilmente l’esistenza di un nesso tra l’eredità stessa e le spese contestate dall’amministrazione finanziaria. Un altro tassello nel lungo contraddittorio giurisprudenziale in materia di accertamento sintetico basato sul redditometro, in cui si fronteggiano due orientamenti
la linea morbida nei contronti del contribuente che come prova contraria richiede la sola disponibilità di redditi ovvero di redditi esenti o di redditi soggetti a ritenuta alla fonte a titolo d'imposta e non anche la dimostrazione del loro impiego negli acquisti contestati dal Fisco;
un impostazione piu rigorosa , come nel caso commentato , per la quale per giustificare un incremento patrimoniale realizzato in un determinato periodo d’imposta, non è sufficiente ad esempio invocare lo smobilizzo patrimoniale, ma è necessario dimostrare l’accantonamento dei proventi finanziari e l’impiego degli stessi ai fini dell’incremento patrimoniale, dando prova “che proprio quei redditi erano stati impiegati, previo disinvestimento, per affrontare la “spesa per incrementi patrimoniali”, considerata dall’Ufficio” (Cass. n. 4138 del 2013, cit.; cfr., altresì, le citate Cass. n. 6813 del 2009, Ctr Lazio n. 107/21/13, Ctr Piemonte n. 142/34/13).
IL CASO
La Ctr della Lombardia, ribaltando il giudizio di primo grado, confermava la ripresa fiscale effettuata tramite accertamento “sintetico” nei riguardi di una contribuente , in quanto ella aveva addotto come prova contraria al redditometro una eredità ricevuta , ma non ha fornito la prova di aver mantenuto la disponibilità di quanto ricevuto in eredità oppure di averla impiegata per le proprie spese di gestione familiare. Di contro, come rivelato “dalle registrazioni bancarie”, il denaro ereditato era stato utilizzato “per altri scopi”, quali donazioni ai figli e accrediti su conti correnti altrui.
Col successivo ricorso per Cassazione il contribuente denunciava la violazione e falsa applicazione di legge del D.P.R. n. 600 del 1973, art. 38, laddove la Commissione Regionale aveva ritenuta necessaria la prova dell'effettivo e puntuale utilizzo delle somme ricevute in eredità.
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